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Arturo Tommasi, in Svizzera per caso…

Nell’ambito sindacale il collega Arturo è figura conosciuta, sempre presente, voce della base ascoltata, amico solidale e sul quale contare. Leggendo la sua storia emergono aspetti singolari che narrano di una vita semplice, vissuta nel segno di valori importanti. (gc)

Sono nato nell’Alta Valpolicella il 28 luglio 1943 e la mia vita è cominciata nel peggiore dei modi per aver perso il giorno dopo mia madre.

Dopo essere stato un poco sballottato, a un anno sono andato presso una zia che per me è stata più che una mamma.

Dopo alcuni anni in collegio, mancato mio padre, ho dovuto guadagnarmi da vivere. Ho così imparato la professione di tipografo compositore presso la Scuola di Arti grafiche dei Padri Stimmatini a Verona dalla quale fui in seguito assunto.

Ma, all’inizio, non trovando immediatamente lavoro in tipografia, ho fatto vari lavori: ho venduto enciclopedie, lavorato come pasticciere presso la Motta e facevo i turni di notte per guadagnare di più.

Son venuto in Svizzera per caso e per scelta mia (a Verona il lavoro l’avevo e anche buono) e, poiché vivevo da solo, decisi liberamente.

Tutto è avvenuto a seguito di una gita a Lugano durante la quale ho incontrato un amico tipografo che mi ha detto che localmente cercavano tipografi compositori. Detto e fatto l’ho preso in parola e, dopo aver ricevuto contratto e permesso di lavoro, ho incominciato a lavorare venerdì (!) 1° aprile 1966 presso la Tipografia Veladini dove si stampava il quotidiano “Gazzetta Ticinese” e il lunedì, su carta rosa, il settimanale “Lo sport ticinese” oltre ad altri settimanali.

Credo di aver avuto sempre buoni rapporti con tutti i colleghi, la base di questo è stata essere leali e avere rispetto per tutti. Con qualcuno siamo pure diventati grandi amici e lo sono tuttora. Più di così…

All’inizio qualche difficoltà con il nuovo ambiente c’è stata, ma è stata superata, e sono orgoglioso di essermi abituato alla nuova situazione, cercando di socializzare con la gente locale, sia svizzeri sia stranieri.

Discriminato? Quasi mai in quanto avevo capito la nuova realtà. Tuttavia vorrei far presente un caso che mi lasciò perplesso: circa 20 giorni dopo l’arrivo a Lugano mi sono recato in centro città e in un bar ho bevuto un caffè. Al momento di pagare, mi accorgo di aver dimenticato il portafoglio. Salvati o cielo! Quanti insulti e… in poche parole il cameriere ha preteso lasciassi l’orologio come deposito!

Nel 1968 (1° maggio) mi sono sposato con Gina, ho avuto un figlio (ora laureato) e due stupendi nipoti. Per quasi vent’anni sono stato presidente dell’Associazione “Famegia Veneta in Ticino”, un ruolo appagante anche se impegnativo.

Ora da pensionato curo un orticello e le mie giornate scorrono in modo positivo. Una vita normale che ripeterei volentieri. Sono rimasto sempre vicino al Sindacato e in tale ambito ho trovato solidarietà, appoggio e molti amici; per un paio d’anni sono stato rappresentante in Comitato.

Ho pensato qualche volta di far ritorno in Italia, ma la mia vita era ed è qui e, pur avendo ancora tanti amici in Italia, ho preferito rimanere. La Svizzera mi ha dato tutto ciò che avrei cercato altrove.

Ho anche un rimpianto, non aver proseguito a studiare: sapevo leggere di greco e di latino, come scriveva il Carducci. Peccato.

Ciao a tutti, Arturo

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